Paesino meraviglioso che sa unire mare e cultura, spiaggia e arte – facilmente raggiungibile in autostrada (A14), in aereo (molti voli low cost atterrano a Bari e Brindisi dall’Italia e dall’estero) o in treno – nel giugno del 2008 Ugento diviene, per delibera dell’assessorato allo Sviluppo Economico della Regione Puglia, città d’arte. Difficile contestare una scelta in questa direzione. Il paesino offre a destra e a manca edifici e strutture di bellezza mozzafiato e di innegabile interesse artistico. L’itinerario “religioso” è particolarmente avvincente. Ugento ha in sé infatti chiese di diverse epoche e stili.

Fra le strutture più antiche, sebbene profondamente rinnovata e ricostruita nei secoli, c’è il Santuario dei Santi Cosma e Damiano, le cui origini si perdono nell’epoca bizantina. Il più importante rifacimento avvenne in epoca barocca, che ne modificò pesantemente struttura e volto e a santa Lucia, a cui era dedicata la struttura, vennero affiancati gli attuali Cosma e Damiano. La facciata è preceduta da una scalinata, trova solidità in due paraste ed è adornata da due semicolonne. A pianta regolare, la chiesa è divisa in quattro campate in archi a tutto sesto, tranne che in quella del presbiterio, dove campeggia una finta cupola. Ai lati, raffigurazioni di santi, fra i quali quella di Santa Lucia, anticamente unica titolare dell’edificio religioso, in tradizionale iconografia (spiga in una mano, coppa con occhi nell’altra).

Degna d’una visita è anche la Chiesa di Sant’Antonio di Padova, risalente al XVII secolo e un tempo parte del Monastero dei Frati Minori Osservanti, edificato all’inizio del 1400. La facciata è austera, formata solo da parete liscia e portale architravato. Lo schema a navata unica e all’interno ben nove altari sono impreziositi da tele di metà Settecento ad opera di Saverio Lillo. Altro vanto della struttura è l’organo che è in buona parte originale.

Ma veniamo alla chiesa più importante di Ugento, la Cattedrale di Santa Maria Assunta, sebbene risalga “appena” al diciottesimo secolo è in realtà il rifacimento di una precedente del sedicesimo secolo, purtroppo distrutta da una scorreria saracena. La struttura è a croce latina a navata unica il cui presbiterio ospita un altare maggiore a marmo policromo. Il quadro sull’abside raffigura il tema dell’assunzione di Maria al cielo e la firma è di Corrado Mezzana. Dietro l’altare il coro è tutto in legno d’ulivo in stile rococò. Le pareti laterali offrono a loro volta numerosi altari, fra cui una Madonna del Carmine risalente al 1742 e un ben più recente Martirio di San Vincenzo, santo patrono del Paese. La facciata esterna è più tarda, è della metà del milleottocento e fedele al pieno dettame neoclassico dell’epoca, ne rispetta pienamente lo stile. Il pronao, notevole, vede quattro colonne di stile ionico. Numerosi vescovi ugentivi del passato riposano qui.

Una menzione speciale, quantomento per importanza storica, la meriterebbe la cosiddetta Cripta del Crocifisso. Luogo di culto ipogeo, conserva ancora oggi il suo antico tracciato trapezoidale, alto non più di 2 metri e sorretta da due colonne. Il fascino del clima chiuso e austero riporta davvero agli antichi culti protocristiani, sebbene sia indovinabile un rifacimento nel secolo XVI e di questi anni è infatti la sua cappella. Come anche di epoca moderna è chiaramente l’altare a blocchi. Gli affreschi alle pareti dovrebbero risalire addirittura ai secoli XIII-XIV e fanno parte di un ciclo pittorico: una Madonna della tenerezza, una Vergine in trono, un Cristo Pantocratore, un’Annunciazione, un San Nicola. Al soffitto, invece, elementi siderali (stelle a sei o otto punte), spunti floreali o vegetali, animali fantastici e reali.

Michele Scrittore
Nomen omen, cultore in particolare di Storia dell’Arte, eterno innamorato dello Stivale tutto, dalle Alpi al mar, e della sua storia, cultura, delle sue tradizioni. Fulminato sulla via del Salento, trascorro ben volentieri i miei soggiorni estivi in Ugento, luogo in tutto pittoresco e affascinante, dove il profumo del mare accarezza le testimonianze mozzafiato di nostri avi.