Dopo la prima parte del viaggio a Craco e le terre del silenzio, oggi vi racconto la seconda parte del viaggio: i luoghi di Carlo Levi e del suo fantastico Cristo si è fermato a Eboli e il vino del sud della Basilicata, al confine con la Calabria, che si è rivelato un vino contadino d’altri tempi.

Lasciata Craco alla spalle, ci siamo diretti in direzione Roccanuova. Il giorno prima di partire avevamo letto su internet di un certo Grottino di Roccanuova, un vino fatto nel centro di Roccanuova in Val d’Agri. Da Craco a Roccanuova la strada non è ben chiara per cui: ci siamo piacevolmente persi nell’entroterra. Il cartello stradale che appare con più frequenza è “Stigliano”, ma tra strade chiuse per lavori in corso e sbagli del conducente abbiamo fatto un bel po’ di strada in più, una passeggiata bella, ecco. Paesaggio come al solito, ondulato, con le coline a pascolo, ci si avvicina al Parco Naturale del Pollino. Più a sud si va, però, più si cominciano a vedere boschetti e terre non più coltivate o destinate al pascolo. A un certo punto si deve far benzina, abbiamo chiesto ai pochi esseri umani presenti in zona e ci hanno segnalato che il distributore automatico è a Sant’Arcangelo, dobbiamo passare da Aliano prima. Aliano è il paese di Carlo Levi, non c’è piccolo bar o strada che non porti il suo nome, è il paese dove Levi trascorse una parte del suo confino. Il suo Cristo si è fermato a Eboli è stato uno dei libri più belli che io abbia letto eppure, arrivato ad Aliano, avevo dimenticato questo nome, forse perchè nel libro è scritto Gagliano. Può essere. Ad affacciarsi dalla parte alta del paese, si vive letteralmente la vita di Carlo Levi:

Spalancai una porta-finestra, mi affacciai a un balcone, dalla pericolante ringhiera settecentesca di ferro e, venendo dall’ombra dell’interno, rimasi quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti, senza che nulla si frapponesse allo sguardo, l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco.

L’impressione è che nulla sia mutato da quel tempo ad Aliano (non fraintendete, la foto di sopra è di Colobraro, ad Agliano non ne ho fatte). E’ un’impressione particolare, di sicuro. Ma siamo senza benzina e dobbiamo fare rifornimento. Dopo questo angolo romantico-intellettuale siamo a Sant’Arcangelo, facciamo benzina e ci dirigiamo a Roccanuova dove, ovviamente, le aziende vinicole sono chiuse: è domenica. Finiamo a Senise, ci fermiamo in un bar in piazzetta. Chiediamo al barista Rocco delle informazioni sul vino locale e ci suggerisce di andare al Bar Tremila dove suo cugino Nicola, anzianotto, ha del vino fatto in casa. Ottimo, andiamo, Nicola ci fa subito assaggiare il suo vino rosso, poi il bianco, si discute di tecniche di vinificazione e del fatto che lui sono ben 15 anni ormai che non mette più pastiglie nel vino, una volta glile diede il farmacista del paese e il vino gli parve …ammalarsi! E’ sempre bello parlare del vino dei e con i contadini, prendiamo una bottiglia di due litri e la portiamo con noi per degustarla a casa. Nel frattempo, un altro Rocco al bar ci suggerisce di assaggiare i vini dell’azienda Castelluccio della quale non vi è traccia su internet. Acquistiamo due bottiglie in Conad a Senise. E’ tardo pomeriggio, vogliamo tornare indietro. Resta da fare rifornimento di metano lungo la strada sinnica, chiediamo informazioni su dove si trova il distributore, un certo Peppino ci fornisce informazioni e alla fine, tra una chiacchiera e un’altra ci accompagna direttamente lui. Mentre facciamo metano continuiamo a discutere della zona e, scopri scopri, Peppino produce vino in proprio! Si crea subito sintonia e ci convince a seguirlo nella sua cantina a casa sua. Il suo paese è a poco meno di 700 metri di altezza, noi siamo a valle. Il paese è lassù, vedete?, ci dice: Colobraro. Lo seguiamo, la strada è davvero ripida per i miei gusti, si va piano, la strada è scassata anche in tre punti dove si passa a fatica. Con un po’ di calma e sangue freddo arriviamo in cima: la vista è magnifica, si vede tutta la Basilicata sud dall’alto, fino a Taranto, si vede il mare, il faro. E’ una meraviglia. Lasciamo la nostra Panda a metano ed entriamo in macchina di Peppino che ci porta in giro per il paesino con la sua Seicento in una guida “spericolata”, sempre per i miei gusti, tra stradine ampie proprio quanto la Seicento, ripidissime: abbiamo fatto rally cittadino a Colobraro! Peppino è una persona cordiale e piena di ironia, ci porta nella sua cantina, ci fa assaggiare i suoi vini in botte e in damigiana del suo vigneto di 40 anni a circa 500 metri di altezza. Discutiamo filosoficamente del vino e della sua produzione e alla fine ci fa dono di circa 5 litri di vino rosso e rosato: ottimi per essere delle produzioni artigianali.

Ci fermiamo a mangiare in un ristorante (forse l’unico) a Colobraro, sarà il prossimo post. Ce ne torniamo a casa con 7 litri di vino contadino lucano di Nicola e di Peppino, un po’ di magia dei luoghi di Carlo Levi in tasca e tanta adrenalina per lo pseduo rally cittadino a Colobraro! Grandissima Basilicata. Ecco alcune foto.

Veduta della vallata da Colobraro

In cantina da Peppino

Colobraro centro storico

Botti della cantina di Peppino

La visuale dalla cantina di Peppino all’interno del paese